00 27/03/2021 03:15
Re:
Icchy92, 01/06/2020 23:32:

È da un po' che mi frulla in mente questa idea, secondo voi sarebbe possibile/consigliabile l'impianto (o almeno il tentativo) di sfagno in zone dove non è presente? Mi riferisco principalmente alle zone umide alpine, prealpine e appenniniche in cui forse era presente in passato o dove comunque potrebbe proliferare ma non ha modo di arrivarci naturalmente.
In caso di risposta affermativa, sarebbe meglio utilizzare specie autoctone della zona o comunque italiane, oppure impiantare un mix senza alcun criterio particolare?
Oggi durante un'escursione ho trovato a sorpresa un muro di muschio umido con varie zone colonizzate da sfagno verde, purtroppo qualcuno deve averci appoggiato sopra un bastoncino togliendo qualche zolla, ne ho sistemato un po' qua e là dove ancora non cresceva mentre alcune teste le ho messe in un contenitore con l'obiettivo di riprodurlo e disperderlo nei prossimi anni sempre sullo stesso sentiero.
Se tra i coltivatori c'è qualcuno appassionato di trekking e che allo stesso tempo ha modo di tenere una sfagnera, penso si potrebbe fare qualcosa di concreto per questi habitat, cosa ne pensate?




Ciao Icchy92, ho letto solo ora questo post altrimenti ti avrei risposto a giugno scorso. Purtroppo la risposta è no: non è possibile. Gli sfagni, oltre a essere riconoscibili solo al microscopio ottico, verrebbero facilmente "inquinati" in coltivazione, sia dal punto di vista genetico che con varie specie, magari di altri paesi e presenti nella torba sotto forma di spore latenti. Addirittura potrebbe verificarsi la possibilità di introdurre involontariamente, assieme agli sfagni, muschi, epatiche e altre specie di piante carnivore alloctone e/o ceppi invasivi dei nostri vasi, che potrebbero distruggere irreparabilmente habitat rimasti intatti da secoli o millenni. Mai e poi mai introdurre ceppi coltivati in cattività quindi, almeno che il tutto non sia seguito da enti e università col preciso intento di ripistinare una situazione ormai del tutto compromessa. I danni potrebbero risultare veramente ingenti come puoi vedere qua:

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/wre.12383

https://www.doc.govt.nz/nature/pests-and-threats/weeds/common-weeds/carnivorous-weeds-in-auckland/



Pensa solo che noi di AIPC, ogniqualvolta effettuiamo interventi gestionali in sfagneta con tutti gli altri responsabili delle associazioni, abbiamo il preciso dovere di controllare e pulire bene tutta l'alttrezzatura ed il vestiario al fine di non introdurre involontariamente specie pericolose o ceppi estranei che potrebbero andare a contaminare drosere e sfagni autoctoni. La salvaguardia di queste entità, ti assicuro, è una cosa estremamente seria e delicata che va fatta solo sulla base di studi specifici e tramite gli esperti di settore (naturalisti e biologi in primis). Non si può improvvisare, tanto meno introdurre piante/ceppi così alla leggera senza una valutazione d'incidenza, protocolli di riproduzione (che ne assicurino la genuinità) e uno specifico studio dei biotopi. E' veramente l'"ultima spiaggia" in tema di conservazione, fra l'altro quasi mai attuata per i suoi molteplici rischi. La vera protezione di tali entità si basa su ben altro, ovvero la gestione in toto dei loro habitat con metodologie serie di interventi e monitoraggio tramite supporto GIS.



Oggi durante un'escursione ho trovato a sorpresa un muro di muschio umido con varie zone colonizzate da sfagno verde, purtroppo qualcuno deve averci appoggiato sopra un bastoncino togliendo qualche zolla, ne ho sistemato un po' qua e là dove ancora non cresceva mentre alcune teste le ho messe in un contenitore con l'obiettivo di riprodurlo e disperderlo nei prossimi anni sempre sullo stesso sentiero.




Innanzitutto gli sfagni, almeno nel nostro paese, fanno parte di un contingente floristico di chiaro significato relittuale, giunto Italia sul finire della glaciazione wurmiana (12.000-11000 anni fa) e le fasi postglaciali del subboreale e subatlantico (3710-400 a.C.). Ciò li rende spesso molto rari e restretti a solo poche zone superstiti (zone di alta quota, limitati biotopi collinari) talvolta con porzioni di pochi metri quadri e spesso in pericolo critico, anche quando certe politiche di protezione regionali vengono (ahimè) a mancare. Di conseguenza non vanno raccolti, sia in presenza che in assenza di una legge che ne regoli prelievo. Peggio ancora sarebbe portarseli a casa con l'intento poi di andarli a reintrodurre con tutto il carico di specie invasive presenti nei nostri vasi: li succederebbe un disastro veramente irreparabile e perseguibile per legge.
[Modificato da pandalf85 27/03/2021 17:47]