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Diffondere lo sfagno in natura

Ultimo Aggiornamento: 30/03/2021 00:56
01/06/2020 23:32
 
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È da un po' che mi frulla in mente questa idea, secondo voi sarebbe possibile/consigliabile l'impianto (o almeno il tentativo) di sfagno in zone dove non è presente? Mi riferisco principalmente alle zone umide alpine, prealpine e appenniniche in cui forse era presente in passato o dove comunque potrebbe proliferare ma non ha modo di arrivarci naturalmente.
In caso di risposta affermativa, sarebbe meglio utilizzare specie autoctone della zona o comunque italiane, oppure impiantare un mix senza alcun criterio particolare?
Oggi durante un'escursione ho trovato a sorpresa un muro di muschio umido con varie zone colonizzate da sfagno verde, purtroppo qualcuno deve averci appoggiato sopra un bastoncino togliendo qualche zolla, ne ho sistemato un po' qua e là dove ancora non cresceva mentre alcune teste le ho messe in un contenitore con l'obiettivo di riprodurlo e disperderlo nei prossimi anni sempre sullo stesso sentiero.
Se tra i coltivatori c'è qualcuno appassionato di trekking e che allo stesso tempo ha modo di tenere una sfagnera, penso si potrebbe fare qualcosa di concreto per questi habitat, cosa ne pensate?


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02/06/2020 07:07
 
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Ciao, buongiorno! A me personalmente sembra una proposta molto carina e nobile. Credo comunque sia importante in tal caso usare solamente specie autoctone per non instaurare competizioni dannose (ora.. magari questo può essere vero per la fauna ma allo sfagno non gliene importa nulla). Altra cosa, non so quanto uno sfagno tenuto in condizioni molto agiate in sfagnera (sempre giusta esposizione e umidità, ma anche diversa altitudine dalla zona di destinazione) possa poi reagire una volta tornato al suo habitat naturale.
Tempo fa avevo pensato una cosa simile per la rotundifolia, ma sembra ancor più difficile dato il vasto numero di tipi, ibridi cloni, ecc.. (non ci capisco un gran che).
Ad ogni modo la discussione é molto interessante e spero di leggere commenti istruttivi da qualcuno che ha conoscenza a riguardo!! E ti ringrazio per lo stimolo positivo verso la salvaguardia della natura :)
Ale
02/06/2020 08:55
 
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Da quello che ho imparato dagli anni su questo forum è che mai bisogna inserire delle specie che coltiviamo noi in natura. Anche se noi introducessimo delle D. rotundifolia che sono autoctone comunque le nostre avranno un patrimonio genetico diverso da quelle che sono già presenti in quella zona dove vogliamo introdurre le nostre. Credo che lo stesso discorso sia valido per lo sfagno. Quello che possiamo fare noi è tutelare le aree umide cercando di evitare che vengano asciugate per l'agricoltura oppure distrutte per prelevarne la torba etc...
Ci vorrebbe Giulio Pandeli che ne sa molto di più di me e più dettagliato su questi argomenti però è da un po' che non leggo suoi interventi sul forum...
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Ah mi stavo dimenticando: mai prelevare delle specie in natura, sfagno e carnivore sono specie protette. Si può solo se c'è un progetto che lo autorizza sennò se la forestale vi becca passate dei guai.
[Modificato da Drosera '98 02/06/2020 08:57]
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Ciao a tutti! Idea carina però quoto esattamente quanto detto da Drosera 98, anche se viene fatto con tutto il bene possibile non possiamo sapere quali impatti possa avere nell'ecosistema. Inoltre le località di montagna sono molto protette quindi senza un'autorizzazione meglio non toccare niente.
[Modificato da SimeonMTB 02/06/2020 11:06]
02/06/2020 11:55
 
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Se in quel luogo non c'è sfagno significa che c'è qualcos'altro.
Non puoi favorire una o più specie (a maggior ragione se non autoctone) a discapito di altre per puro gusto personale. Questo significa alterare un ecosistema, la cosa più distante possibile da qualsiasi forma di salvaguardia.

Se domani qualcuno appassionato di conifere saltasse fuori con l'idea di bonificare una torbiera per creare una pineta dato che "lì non c'è" cosa penseresti?

02/06/2020 15:36
 
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Si ok, caspisco bene e sono in accordo con tutti. Credo Ichhy92 volesse piu' che altro chiedere se fosse possibile e carino reintrodurre progressivamante una specie nello stesso punto dove e' stata prelevata per mantenerla. (Un po' come prendere un pino da una pineta, propagarlo, e reintrodurlo man mano che la pineta muore per mano umana)... Almeno, io lo avevo interpretato cosi.

Comunque ottimo leggere i vostri commenti, che certamente chiariscono molte bene il punto!! :)

Poi, dato il mio commento precedente, ci tengo molto a precisare che NON ho nessuna intenzione di prelevare rotundifolie, ne altre piante, dalla natura (oltre ad essere illegale e non etico, credo sia anche stupido dato che la stessa specie la si trova facilmente per pochissimo in commercio, piu' robusta ed abituata alla coltivazione in cattivita', e senza rischi di malattie, pesti e multe..). Era semplice speculazione e curiosita'!!!!!
Ale
02/06/2020 16:32
 
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Perfettamente d'accordo con Drosera '98, sarebbe un grosso rischio per le specie locali se ne introducessimo alcune diverse in un certo habitat. Quello che coltiviamo noi potrebbe avere un patrimonio genetico o semplicemente dei patogeni come funghi che inquinerebbero quello presente in natura. Dobbiamo tutelare, per quanto possiamo, quello che già esiste senza alterarlo 😉
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Francesca
02/06/2020 16:40
 
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Pana13, 02/06/2020 15:36:

Si ok, caspisco bene e sono in accordo con tutti. Credo Ichhy92 volesse piu' che altro chiedere se fosse possibile e carino reintrodurre progressivamante una specie nello stesso punto dove e' stata prelevata per mantenerla. (Un po' come prendere un pino da una pineta, propagarlo, e reintrodurlo man mano che la pineta muore per mano umana)... Almeno, io lo avevo interpretato cosi.

Comunque ottimo leggere i vostri commenti, che certamente chiariscono molte bene il punto!! :)

Poi, dato il mio commento precedente, ci tengo molto a precisare che NON ho nessuna intenzione di prelevare rotundifolie, ne altre piante, dalla natura (oltre ad essere illegale e non etico, credo sia anche stupido dato che la stessa specie la si trova facilmente per pochissimo in commercio, piu' robusta ed abituata alla coltivazione in cattivita', e senza rischi di malattie, pesti e multe..). Era semplice speculazione e curiosita'!!!!!
Ale

Ecco vedi è qui il problema: io non devo introdurre nessun pino nella pineta che viene distrutta dall'uomo perché l'uomo non deve distruggere la pineta. È proprio il presupposto che è sbagliato perché siamo quello che siamo specialmente in Italia (senza dimenticare quello che i governi sudamericani stanno permettendo nella foresta amazzonica), sono discorsi politici e finanziari che non ho voglia fi fare.
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Mi riferisco principalmente a quelle zone umide che sono state degradate negli ultimi secoli a causa del pascolo o per lavori (costruzione di strade, derivazioni idroelettriche, piste da sci, ecc.) e che quindi hanno perso un importante fattore di biodiversità. Spesso infatti mi capita di vedere ruscelli o piccoli laghetti che rappresentano proprio l'habitat ideale per lo sfagno, ma di questo non ve n'è traccia oppure è relegato a piccole porzioni.
Ovviamente concordo che bisogna evitare di aggiungere specie alloctone (ad esempio sfagno cileno o neozelandese), ma non riesco a vedere nessun lato negativo nell'introdurre specie che magari crescono tranquillamente sulla montagna accanto 😁
Seguendo l'esempio della drosera rotundifolia, se uno ha una pianta nata da semi presi ad esempio in trentino, potrebbe moltiplicarla fino ad ottenere milioni di nuovi semi da spargere in qualche torbiera alpina in cui la popolazione si è ridotta (meglio se nella stessa zona di provenienza).
Questa cosa so che viene fatta con la dionaea muscipula, quando beccano i raccoglitori illegali le piante sequestrate vengono curate, moltiplicate e poi ripiantate in natura.
[Modificato da Icchy92 02/06/2020 17:08]


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Re:
Drosera '98, 02/06/2020 16:40:

Ecco vedi è qui il problema: io non devo introdurre nessun pino nella pineta che viene distrutta dall'uomo perché l'uomo non deve distruggere la pineta. È proprio il presupposto che è sbagliato perché siamo quello che siamo specialmente in Italia (senza dimenticare quello che i governi sudamericani stanno permettendo nella foresta amazzonica), sono discorsi politici e finanziari che non ho voglia fi fare.


Si sono super d'accordo.. purtroppo, a parte pochi casi, tra i quali sono inclusi i coltivatori carnivori, non molta gente ha a cuore pinete, torbiere o qualsiasi altro ambiente naturale... per cui a volte mi era capitato di pensare che un intervento attivo -e sicuramente non da parte di semplici appassionati, ma da parte di persone qualificate- possa essere utile!
Comunque ripeto, giusto per sicurezza: la mia è solo pura curiosità sull'argomento e sono felicissimo di imparare da chi ne sa di più, che è esattamente il motivo per cui mi sono iscritto al forum e rispondo alle conversazioni :)
Ad ogni modo questo è un argomento molto interessante ed importante. Credo possa essere molto istruttivo approfondirlo.
buona serata a tutti! :)
27/03/2021 03:15
 
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Re:
Icchy92, 01/06/2020 23:32:

È da un po' che mi frulla in mente questa idea, secondo voi sarebbe possibile/consigliabile l'impianto (o almeno il tentativo) di sfagno in zone dove non è presente? Mi riferisco principalmente alle zone umide alpine, prealpine e appenniniche in cui forse era presente in passato o dove comunque potrebbe proliferare ma non ha modo di arrivarci naturalmente.
In caso di risposta affermativa, sarebbe meglio utilizzare specie autoctone della zona o comunque italiane, oppure impiantare un mix senza alcun criterio particolare?
Oggi durante un'escursione ho trovato a sorpresa un muro di muschio umido con varie zone colonizzate da sfagno verde, purtroppo qualcuno deve averci appoggiato sopra un bastoncino togliendo qualche zolla, ne ho sistemato un po' qua e là dove ancora non cresceva mentre alcune teste le ho messe in un contenitore con l'obiettivo di riprodurlo e disperderlo nei prossimi anni sempre sullo stesso sentiero.
Se tra i coltivatori c'è qualcuno appassionato di trekking e che allo stesso tempo ha modo di tenere una sfagnera, penso si potrebbe fare qualcosa di concreto per questi habitat, cosa ne pensate?




Ciao Icchy92, ho letto solo ora questo post altrimenti ti avrei risposto a giugno scorso. Purtroppo la risposta è no: non è possibile. Gli sfagni, oltre a essere riconoscibili solo al microscopio ottico, verrebbero facilmente "inquinati" in coltivazione, sia dal punto di vista genetico che con varie specie, magari di altri paesi e presenti nella torba sotto forma di spore latenti. Addirittura potrebbe verificarsi la possibilità di introdurre involontariamente, assieme agli sfagni, muschi, epatiche e altre specie di piante carnivore alloctone e/o ceppi invasivi dei nostri vasi, che potrebbero distruggere irreparabilmente habitat rimasti intatti da secoli o millenni. Mai e poi mai introdurre ceppi coltivati in cattività quindi, almeno che il tutto non sia seguito da enti e università col preciso intento di ripistinare una situazione ormai del tutto compromessa. I danni potrebbero risultare veramente ingenti come puoi vedere qua:

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/wre.12383

https://www.doc.govt.nz/nature/pests-and-threats/weeds/common-weeds/carnivorous-weeds-in-auckland/



Pensa solo che noi di AIPC, ogniqualvolta effettuiamo interventi gestionali in sfagneta con tutti gli altri responsabili delle associazioni, abbiamo il preciso dovere di controllare e pulire bene tutta l'alttrezzatura ed il vestiario al fine di non introdurre involontariamente specie pericolose o ceppi estranei che potrebbero andare a contaminare drosere e sfagni autoctoni. La salvaguardia di queste entità, ti assicuro, è una cosa estremamente seria e delicata che va fatta solo sulla base di studi specifici e tramite gli esperti di settore (naturalisti e biologi in primis). Non si può improvvisare, tanto meno introdurre piante/ceppi così alla leggera senza una valutazione d'incidenza, protocolli di riproduzione (che ne assicurino la genuinità) e uno specifico studio dei biotopi. E' veramente l'"ultima spiaggia" in tema di conservazione, fra l'altro quasi mai attuata per i suoi molteplici rischi. La vera protezione di tali entità si basa su ben altro, ovvero la gestione in toto dei loro habitat con metodologie serie di interventi e monitoraggio tramite supporto GIS.



Oggi durante un'escursione ho trovato a sorpresa un muro di muschio umido con varie zone colonizzate da sfagno verde, purtroppo qualcuno deve averci appoggiato sopra un bastoncino togliendo qualche zolla, ne ho sistemato un po' qua e là dove ancora non cresceva mentre alcune teste le ho messe in un contenitore con l'obiettivo di riprodurlo e disperderlo nei prossimi anni sempre sullo stesso sentiero.




Innanzitutto gli sfagni, almeno nel nostro paese, fanno parte di un contingente floristico di chiaro significato relittuale, giunto Italia sul finire della glaciazione wurmiana (12.000-11000 anni fa) e le fasi postglaciali del subboreale e subatlantico (3710-400 a.C.). Ciò li rende spesso molto rari e restretti a solo poche zone superstiti (zone di alta quota, limitati biotopi collinari) talvolta con porzioni di pochi metri quadri e spesso in pericolo critico, anche quando certe politiche di protezione regionali vengono (ahimè) a mancare. Di conseguenza non vanno raccolti, sia in presenza che in assenza di una legge che ne regoli prelievo. Peggio ancora sarebbe portarseli a casa con l'intento poi di andarli a reintrodurre con tutto il carico di specie invasive presenti nei nostri vasi: li succederebbe un disastro veramente irreparabile e perseguibile per legge.
[Modificato da pandalf85 27/03/2021 17:47]
27/03/2021 04:52
 
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Re: Re:
Pana13, 02/06/2020 21:36:


Si sono super d'accordo.. purtroppo, a parte pochi casi, tra i quali sono inclusi i coltivatori carnivori, non molta gente ha a cuore pinete, torbiere o qualsiasi altro ambiente naturale... per cui a volte mi era capitato di pensare che un intervento attivo -e sicuramente non da parte di semplici appassionati, ma da parte di persone qualificate- possa essere utile!
Comunque ripeto, giusto per sicurezza: la mia è solo pura curiosità sull'argomento e sono felicissimo di imparare da chi ne sa di più, che è esattamente il motivo per cui mi sono iscritto al forum e rispondo alle conversazioni :)
Ad ogni modo questo è un argomento molto interessante ed importante. Credo possa essere molto istruttivo approfondirlo.
buona serata a tutti! :)




La gestione attiva dei biotopi, specie se seguita da enti e professionisti di conservazione, rappresenta la soluzione migliore per salvaguardare questi ambienti e le varie emergenze floristiche e faunistiche presenti al loro interno. Noi di AIPC ci siamo sempre mossi in tale direzione per la salvaguardia di alcune sfagnete e sempre lo faremo. Per quel che riguarda eventuali progetti ex situ sono stati avanzati alcune iniziative con università e orti botanici al fine di propagare in vitro alcune entità particolarmente rare o al limite dell'estinzione: in quel caso diventano estremamente utili protocolli ad hoc, analisi genetiche delle piante prodotte e molti altri espedienti per garantirne la genuinità. Non è sempre facile in questi casi, visto che bisogna anche considerare di mantenere una certa variabilità genetica del materiale originale.


Pana13, 02/06/2020 07:07:


Tempo fa avevo pensato una cosa simile per la rotundifolia, ma sembra ancor più difficile dato il vasto numero di tipi, ibridi cloni, ecc.. (non ci capisco un gran che).




Come ha scritto Francia13, purtroppo, rappresenterebbe una delle azioni più insidiose e distruttive, non solo perché si andrebbero a introdurre ceppi provenienti da chissà dove in habitat floristicamente e zoologicamente molto delicati, ma anche per i pericolosi incroci che potrebbero verificarsi con alcuni ceppi autoctoni rimasti isolati da millenni: in quest'ultimo caso perderebbero tutta la loro "storia genetica" e, in alcuni casi, addirittura dei tratti fenotipici acquisiti localmente.



Si ok, caspisco bene e sono in accordo con tutti. Credo Ichhy92 volesse piu' che altro chiedere se fosse possibile e carino reintrodurre progressivamante una specie nello stesso punto dove e' stata prelevata per mantenerla. (Un po' come prendere un pino da una pineta, propagarlo, e reintrodurlo man mano che la pineta muore per mano umana)... Almeno, io lo avevo interpretato cosi.



Consideriamo però che la maggior parte delle pinete nel nostro paese, escludendo alcune aree della Sardegna e forse della Maremma grossetana, sono in realtà di origine antropica, magari importanti per i servizi ricreativi offerti ma pur sempre di origine artificiale: http://vnr.unipg.it/habitat/cerca.do?formato=stampa&idSegnalazione=31


La vera vegetazione naturale in quei casi è rappresentata dalle formazioni tipiche di macchie, garighe mediterranee e querceti (leccete) che vengono spesso rimosse dagli strati bassi (assieme ad alcune geofite protette fra l'altro) per garantire un'apparente "pulizia" delle pinete a sfavore della biodiversità e di pregevoli emergenze floristiche e faunistiche.
[Modificato da pandalf85 27/03/2021 16:38]
28/03/2021 05:21
 
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Re:
Drosera '98, 02/06/2020 08:55:

Da quello che ho imparato dagli anni su questo forum è che mai bisogna inserire delle specie che coltiviamo noi in natura. Anche se noi introducessimo delle D. rotundifolia che sono autoctone comunque le nostre avranno un patrimonio genetico diverso da quelle che sono già presenti in quella zona dove vogliamo introdurre le nostre. Credo che lo stesso discorso sia valido per lo sfagno. Quello che possiamo fare noi è tutelare le aree umide cercando di evitare che vengano asciugate per l'agricoltura oppure distrutte per prelevarne la torba etc...
interventi sul forum...



Leggere certi commenti mi rende molto fiero di voi ragazzi :)

Significa che una parte dell'ambiente carnivoro è finalmente maturato anche sotto il profilo naturalistico.

[Modificato da pandalf85 28/03/2021 05:23]
28/03/2021 10:12
 
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Ci hai messo 1 anno a rispondere alla mia chiamata ma meglio di niente ahahah. Era un tal piacere leggere i tuoi post naturalistici che, almeno io, ne sentivo la mancanza. Immagino poi che col covid i lavori che fai siano stati tutti rallentati, com'è la situazione se si può dire?
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Ciao pandalf, grazie per le numerose risposte. Forse però a suo tempo mi sono espresso in maniera un po' frettolosa e imprecisa, volevo quindi precisare che lo sfagno lo coltivo in contenitori separati, in fibra di cocco (quindi esente da spore di altri sfagni) e senza piante carnivore. Così facendo la popolazione si mantiene geneticamente pura, quindi non vedo quale potrebbe essere il problema di reintrodurla nel luogo di origine.


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Re:
Drosera '98, 28/03/2021 10:12:

Ci hai messo 1 anno a rispondere alla mia chiamata ma meglio di niente ahahah. Era un tal piacere leggere i tuoi post naturalistici che, almeno io, ne sentivo la mancanza. Immagino poi che col covid i lavori che fai siano stati tutti rallentati, com'è la situazione se si può dire?



Ciao Flavio, purtroppo gli interventi tardo invernali son saltati. Vedremo di riprendere i lavori in compagnia delle altre associazioni non appena la situazione tornerà un po' più tranquilla :)


Icchy92, 28/03/2021 23:20:

Ciao pandalf, grazie per le numerose risposte. Forse però a suo tempo mi sono espresso in maniera un po' frettolosa e imprecisa, volevo quindi precisare che lo sfagno lo coltivo in contenitori separati, in fibra di cocco (quindi esente da spore di altri sfagni) e senza piante carnivore. Così facendo la popolazione si mantiene geneticamente pura, quindi non vedo quale potrebbe essere il problema di reintrodurla nel luogo di origine.



L'introduzione fai da te è una cosa illegale ed estramente pericolosa. Personalmente non mi sognerei mai, gestendo due sfagnete, di introdurre materiale riprodotto in cattività rischiando di alterare l'assetto genetico delle popolazioni di Drosera e Sphagnum sp. pl. Ci sono addirittura situazioni in cui quest'ultimi potrebbero addirittura ibridarsi senza lasciar tracce visibili al microscopio ottico, o ancora, nel caso delle drosere, dar origine a pericolosi fenomeni stocastici con deriva genetica e diminuzione delle loro possibilità di sopravvivenza. Infine non ci sono solo sfagni da proteggere: dal punto di vista briologico (campo di cui mi occupo), ma anche zoologico, l'impianto anche di piccole porzioni di sfagno potrebbe alterare alcuni microhabitat dove sopravvivono altre briofite, epatiche e insetti, spesso di pochi mm, ma al pari protetti/e. In altre situazioni ancora - e qui ti parlo delle sfagnete che gestiamo - alcune specie di sfagno diventano talmente competitive da comportare problemi sia per entità congeneriche sia per piccole piante erbacee, tanto da dover richiedere una gestione speciale per salvaguardare alcune microcenosi.
[Modificato da pandalf85 29/03/2021 08:09]
29/03/2021 15:31
 
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Ciao Pandalf85. Bellissimo intervento, chiaro e molto dettagliato. E' bello che tu abbia speso tempo ed energie per trasmetterci le tue conoscenze - molto importanti anche per noi, per poter aiutare a mantenere nel modo giusto gli ecosistemi. Spesso per noi non botanici o naturalisti non e' facile intiure dove si nascondono i pericoli per gli ecosistemi. Ti ringrazio ancora davvero tanto per il tuo intervento!
Ale
29/03/2021 22:10
 
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Re: Re:
pandalf85, 29/03/2021 07:37:



L'introduzione fai da te è una cosa illegale ed estramente pericolosa. Personalmente non mi sognerei mai, gestendo due sfagnete, di introdurre materiale riprodotto in cattività rischiando di alterare l'assetto genetico delle popolazioni di Drosera e Sphagnum sp. pl. Ci sono addirittura situazioni in cui quest'ultimi potrebbero addirittura ibridarsi senza lasciar tracce visibili al microscopio ottico, o ancora, nel caso delle drosere, dar origine a pericolosi fenomeni stocastici con deriva genetica e diminuzione delle loro possibilità di sopravvivenza. Infine non ci sono solo sfagni da proteggere: dal punto di vista briologico (campo di cui mi occupo), ma anche zoologico, l'impianto anche di piccole porzioni di sfagno potrebbe alterare alcuni microhabitat dove sopravvivono altre briofite, epatiche e insetti, spesso di pochi mm, ma al pari protetti/e. In altre situazioni ancora - e qui ti parlo delle sfagnete che gestiamo - alcune specie di sfagno diventano talmente competitive da comportare problemi sia per entità congeneriche sia per piccole piante erbacee, tanto da dover richiedere una gestione speciale per salvaguardare alcune microcenosi.



Si sono d'accordo ma tu ti riferisci a casi di introduzione di specie "aliene", io invece parlo di moltiplicare, in maniera controllata e separata da contaminazioni, dello sfagno da reintroddurre poi nel punto in cui sono state prese le fibre iniziali. Quindi geneticamente uguale a quello già presente.


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Re: Re: Re:
Icchy92, 29/03/2021 22:10:



Si sono d'accordo ma tu ti riferisci a casi di introduzione di specie "aliene", io invece parlo di moltiplicare, in maniera controllata e separata da contaminazioni, dello sfagno da reintroddurre poi nel punto in cui sono state prese le fibre iniziali. Quindi geneticamente uguale a quello già presente.




Mi riferisco anche ai ceppi naturali moltiplicati in cattività (e che non si dovrebbero raccogliere). Queste sono decisioni che spettano a enti e gruppi di ricerca, non puoi controllare i ceppi in condizioni casalinghe e andarli a reinserire così in natura. La contaminazione avverrebbe pure a livello microscopico tramite spore di altri muschi ed epatiche presenti nel substrato di crescita (Campylopus pyriformis, Cephalozia connivens, Aulacomnium palustre ecc.).



in maniera controllata e separata da contaminazioni, dello sfagno da reintroddurre poi nel punto in cui sono state prese le fibre iniziali



Rileggiti quanto scritto sopra 🙂 La conservazione, per essere efficace, deve essere portata avanti al livello degli habitat e tramite gli esperti del settore. Senza conoscenze specifiche diventerebbe solo un modo di privilegiare certe entità di comodo producendo disastri.


[Modificato da pandalf85 30/03/2021 00:56]
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